venerdì 27 luglio 2012

I dischi del disagio - diglielo un po' tu in faccia, all'ominide

Con quel che in questa ebollizione rimane del cervello non si fa più manco il fritto misto, perciò tanto vale brasarlo definitivamente a colpi di clava. Ci pensano quei due fiji de 'n tulipano dei Dead Neanderthals, batteria e sax baritono (più effetti vari), al grido di "New Wave of Dutch Heavy Jazz". Odor di sempresianlodati Zu? Forse quelli più improvvisativi e abrasivi, i Dead Neanderthals sono tuttavia abbondantemente cosa a sè: più spartanamente brutali, quasi più primitivi - be', il nome vorrà pur dir qualcosa - nel loro legame a un'attitudine grind. Ne sian testimoni le svariate pubblicazioni, piccoli numeri, brevi durate, diy selvaggio e bandcamp con ascolto ad babbum mortuum. Tutta roba con la miccia corta.

Prova del nove, del novecentonovantanove e del seiseisei, che supera certi limiti della passata produzione prendendoli a testate: il recente Jazzhammer/Stormannsgalskap, due pezzi su vinile 10". Jazzhammer percuote con furor idioticus sadomasochista. Il barrito che annuncia Stormannsgalskap pare un transatlantico in arrivo. Poi il transatlantico entra in porto, sfascia il molo, ti tira giù la casa e ti mangia il cranio. Non si direbbe gran cosa, basata com'è tutta su una violenza ripetitiva, ossessiva, davvero neanderthaliana. E invece no. Prescrizione obbligatoria: volume da arresto, ed è lì che si scopre cosa c'è oltre. Vedasi l'esibizione al SoloMacello Fest. Il concerto dei Dead Neanderthals è venti minuti di life without sense in cui, superata una certa soglia di volume, la potenza diventa immanenza e si iniziano a sentire cose che non esistono, si perde la distinzione tra ciò è suonato e ciò che crea direttamente il cervello. Cose fantastiche, naturalmente. Addio agli ultimi neuroni.



giovedì 26 luglio 2012

Pensiero fisso

Frotte di fedeli di fronte a un alberello in West New York: ci hanno visto la Madonna di Guadalupe in una spaccatura del tronco (la notizia sul Corriere della Sera). Osservo una fotografia e medito. Se mi vengono a dire che la prima cosa che salta alla mente è la figura della Madonna, tutto quel che posso pensare è che 1) è proprio vero che si vede solo quel che si vuol vedere, e 2) anatomia ed educazione sessuale restano argomenti molto meno alla moda della castità.

Davvero si vede la Madonna qui?

Forse anche qui, allora?

mercoledì 11 luglio 2012

I dischi del disagio - che c'è da fare in Finlandia

Anche questo è farsi male da soli, ma con gusto. Da tempo mancava un bel disco che trasudasse malessere, alienazione, e quell'impressione che tutto quanto potesse essere fatto al contrario e con svantaggio di tutti, be', lo si sia scientemente cercato e compiuto. Mancava soprattutto nelle terre periartiche (ah, questa è una parola che ho scodellato or ora, e guarda un po' quanto sono forbito: esiste veramente, garantisce la Treccani), dove da tempo gnak e disagio non van più a braccetto, a favore di trasformazione o emigrazione.

Ci han pensato gli Oranssi Pazuzu, che con Kosmonument da buoni finlandesi pinteriani spuntano dal nulla e senza dire una parola ti versano nelle viscere un brodo scuro e torcibudella. Un grumo fuso di giri scarnissimi che virano più al doom che non al black, riverberati da tutta una pasta sonora kraut/psichedelica - per niente allegra, naturalmente, e colorata a tinte bubboniche - e in cui infine sì, blob virulenti di gnak vengono talora a galla. Un gran rimestare ossessivo di ripetizioni sfibranti e grande effetto di alienazione allucinatoria. Non sembra una gran pubblicità, eppure lo è. L'estate sarà molto peggiore, ora.



Grazie a Solomacello per la dritta, a Blackspin Music che ne ha fatto un'edizione in doppio vinile e a Sound Pollution che l'aveva in negozio. Finchè dura, qui c'è un link ad auscultationem ad babbum mortuum.

lunedì 9 luglio 2012

Un'estate al mare, voglia di rollare

Un giro per Stockholm rock city e si porta sempre a casa qualche buon consiglio. Blood Lust degli Uncle Acid & The Deadbeats è una sapida chicca di doom sabbathiano, rock acido, melodie psichedeliche e orecchiabilità a tutto tondo. Forte di riff grassi di fuzz ma soprattutto della mollezza un po' torbida conferitagli da una voce femminile indolente e da cadenze non troppo spedite, è un disco che fa pensare tanto a una jam dopo un milione di canne con gli Electric Wizard quanto a un giro di acidi con le band stoner desertiche, con un accento però ancor più marcatamente dichiarato sui '60. Infatti la ciliegina sulla torta è un concept in pieno stile exploitation film su un pervertito drogato che va in giro a scotennare il prossimo - fenomenale il ritornello "I want you/I need you/And I'll bleed you". L'etichetta non fa una grinza: Rise Above.

Col coefficiente di originalità neanche applicabile, a voler fare della metaletteratura/metamusica si potrebbe dire che sotto tutti i profili (grafico, musicale, testuale) gli Uncle Acid sono exploitation dell'exploitation, ma per l'estate di meglio non c'è niente (se non si vuole entrare nel regno del disagio a tutti i costi, e ne riparliamo tra pochissimo). Quindi l'occasione è perfetta: il disco in verità è datato 2011, ma dopo che la prima stampa è andata via come il pane - raggiungendo quotazioni folli su ebay - Rise Above fa uscire oggi una seconda tornata di LP, anch'essa in quantità limitate, e pare già sostanziosamente intaccate dai preordini. Fate vobis. Dico solo che va bene anche per chi non si fa di dddruoghe, perchè è lascivo come una gatta in calore e fa venire in mente altri sani passatempi. Per un ascolto ad babbum mortuum, passate tramite il sempre caro mi fu quest'ermo colle Stonerobixxx.